TECNOLOGIA
Dossier QEdu
Full hybrid, dalle origini ai sistemi attuali: ecco come funziona.
L’auto ibrida non è frutto di un’idea recente: per esempio, già negli anni 80 l’Alfa Romeoaveva sperimentato delle soluzioni di questo tipo, realizzando un prototipo sulla base di un suo modello popolare, la 33 nella versione station wagon. Questa vettura-laboratorio abbinava il 4 cilindri boxer derivato da quello dell’Alfasud, nella versione di 1.5 litri da 95 CV, a un motore elettrico, fornito dall’Ansaldo, con potenza di 16 CV. La vettura poteva muoversi con la spinta di entrambi i propulsori o soltanto di uno dei due: tutto ciò avveniva dieci anni prima che la Toyota portasse questa rivoluzione sulle strade. Per scoprire i dettagli sul funzionamento del sistema full hybrid, vi invitiamo a leggere il nostro dossier QEdu, in regalo con Quattroruote di marzo.
Uno spaccato della nuova Renault Clio E-Tech Hybrid
La svolta. Bisognerà attendere il 1997 prima che qualcuno ci riprovi e con ben maggior successo. In quell’anno, infatti, il progetto dell’ingegnere Takeshi Uchiyamada si concretizza nella Prius prima serie, un’auto non bella, ma ricca di contenuti tecnici. Il suo principio di funzionamento si basa sul recupero dell’energia, altrimenti dissipata dai freni, nella fase di rallentamento dell’auto e sul suo riutilizzo nelle accelerazioni, in modo da fornire un aiuto al propulsore termico di cui comunque la vettura è dotata, riducendone consumi ed emissioni. L’energia recuperata viene, infatti, stivata in una batteria, che alimenta il motore-generatore elettrico.
Praticità. Va detto subito che le auto full hybrid possono percorrere solo pochissima strada (in genere, uno-due chilometri) in modalità completamente elettrica, perché la capacità delle batterie, che non sono ricaricabili, è limitata: questo fa la differenza con le ibride plug-in, dotate invece di un sistema di ricarica degli accumulatori che hanno capacità ben superiori e che garantiscono un'autonomia anche di 40-50 chilometri. A differenza di quest’ultime, però, le full hybrid non richiedono particolare impegno al guidatore: non bisogna infatti disporre di colonnine per la ricarica e la loro autonomia, a differenza di quanto accade per le auto interamente elettriche, è pari a quella di un’auto tradizionale (basta riempire, quando necessario, il serbatoio della benzina o del gasolio). Anche i costi non sono molto più elevati rispetto a quelli delle auto tradizionali, perché le batterie utilizzate non sono particolarmente sofisticate (perlopiù si tratta di quelle al nichel-metallo idruro, e non di quelle al litio, impiegate sulle vetture a zero emissioni e plug-in hybrid).
Nella foto, le specifiche tecniche della nuova Toyota Yaris con tecnologia full hybrid
Lo schema. Il sistema brevettato dalla Toyota (e ceduto anche ad altre Case, come per esempio la Ford) prevede la presenza di due motori-generatori: uno è collegato al propulsore termico (un 4 cilindri 1.8 a benzina), l’altro alle ruote. Il primo carica la batteria quando viene trascinato dal motore termico o lo avvia quando è necessario; il secondo, invece, muove le ruote e provvede alla ricarica in fase di rilascio. Questo sistema, completato da un particolare tipo d’ingranaggio, consente di fare a meno della frizione e del cambio. Tuttavia, la corrente continua della batteria dev’essere convertita in alternata per poter alimentare il motore elettrico: un compito assolto da un apposito dispositivo elettronico, detto inverter, che provvede anche a variare i parametri di ampiezza e frequenza della corrente, in modo da regolare la velocità e la potenza erogata dal propulsore.
Le varianti. Un altro sistema, differente da quello della Toyota e utilizzato da diversi costruttori, prevede invece l’interposizione di un motore elettrico tra quello termico e il cambio: i due propulsori possono collaborare o essere separati da un innesto, che consente di marciare in modalità solo elettrica. Il motore elettrico viene collocato tra il cambio automatico (classico o a doppia frizione), che integra la frizione di scollegamento, e quello termico, modificato per il tipo particolare d’impiego.
A chi conviene. Il principio di funzionamento delle auto ibride si basa – come detto – sul recupero d’energia in fase di rallentamento dell’auto: più si verifica questa fase, quindi, più il sistema è efficace in termini di riduzione di consumi ed emissioni. Va da sé, quindi, che le auto full hybrid sono più adatte per chi le utilizza soprattutto in città e sui percorsi misti, dove abbondano rallentamenti e accelerazioni, mentre non portano vantaggi particolari a chi viaggia a velocità costante, come accade prevalentemente in autostrada.
https://www.quattroruote.it/news/te...tema_recupero_energia_auto_elettrificate.html
Dossier QEdu
Full hybrid, dalle origini ai sistemi attuali: ecco come funziona.
L’auto ibrida non è frutto di un’idea recente: per esempio, già negli anni 80 l’Alfa Romeoaveva sperimentato delle soluzioni di questo tipo, realizzando un prototipo sulla base di un suo modello popolare, la 33 nella versione station wagon. Questa vettura-laboratorio abbinava il 4 cilindri boxer derivato da quello dell’Alfasud, nella versione di 1.5 litri da 95 CV, a un motore elettrico, fornito dall’Ansaldo, con potenza di 16 CV. La vettura poteva muoversi con la spinta di entrambi i propulsori o soltanto di uno dei due: tutto ciò avveniva dieci anni prima che la Toyota portasse questa rivoluzione sulle strade. Per scoprire i dettagli sul funzionamento del sistema full hybrid, vi invitiamo a leggere il nostro dossier QEdu, in regalo con Quattroruote di marzo.
Uno spaccato della nuova Renault Clio E-Tech Hybrid
La svolta. Bisognerà attendere il 1997 prima che qualcuno ci riprovi e con ben maggior successo. In quell’anno, infatti, il progetto dell’ingegnere Takeshi Uchiyamada si concretizza nella Prius prima serie, un’auto non bella, ma ricca di contenuti tecnici. Il suo principio di funzionamento si basa sul recupero dell’energia, altrimenti dissipata dai freni, nella fase di rallentamento dell’auto e sul suo riutilizzo nelle accelerazioni, in modo da fornire un aiuto al propulsore termico di cui comunque la vettura è dotata, riducendone consumi ed emissioni. L’energia recuperata viene, infatti, stivata in una batteria, che alimenta il motore-generatore elettrico.
Praticità. Va detto subito che le auto full hybrid possono percorrere solo pochissima strada (in genere, uno-due chilometri) in modalità completamente elettrica, perché la capacità delle batterie, che non sono ricaricabili, è limitata: questo fa la differenza con le ibride plug-in, dotate invece di un sistema di ricarica degli accumulatori che hanno capacità ben superiori e che garantiscono un'autonomia anche di 40-50 chilometri. A differenza di quest’ultime, però, le full hybrid non richiedono particolare impegno al guidatore: non bisogna infatti disporre di colonnine per la ricarica e la loro autonomia, a differenza di quanto accade per le auto interamente elettriche, è pari a quella di un’auto tradizionale (basta riempire, quando necessario, il serbatoio della benzina o del gasolio). Anche i costi non sono molto più elevati rispetto a quelli delle auto tradizionali, perché le batterie utilizzate non sono particolarmente sofisticate (perlopiù si tratta di quelle al nichel-metallo idruro, e non di quelle al litio, impiegate sulle vetture a zero emissioni e plug-in hybrid).
Nella foto, le specifiche tecniche della nuova Toyota Yaris con tecnologia full hybrid
Lo schema. Il sistema brevettato dalla Toyota (e ceduto anche ad altre Case, come per esempio la Ford) prevede la presenza di due motori-generatori: uno è collegato al propulsore termico (un 4 cilindri 1.8 a benzina), l’altro alle ruote. Il primo carica la batteria quando viene trascinato dal motore termico o lo avvia quando è necessario; il secondo, invece, muove le ruote e provvede alla ricarica in fase di rilascio. Questo sistema, completato da un particolare tipo d’ingranaggio, consente di fare a meno della frizione e del cambio. Tuttavia, la corrente continua della batteria dev’essere convertita in alternata per poter alimentare il motore elettrico: un compito assolto da un apposito dispositivo elettronico, detto inverter, che provvede anche a variare i parametri di ampiezza e frequenza della corrente, in modo da regolare la velocità e la potenza erogata dal propulsore.
Le varianti. Un altro sistema, differente da quello della Toyota e utilizzato da diversi costruttori, prevede invece l’interposizione di un motore elettrico tra quello termico e il cambio: i due propulsori possono collaborare o essere separati da un innesto, che consente di marciare in modalità solo elettrica. Il motore elettrico viene collocato tra il cambio automatico (classico o a doppia frizione), che integra la frizione di scollegamento, e quello termico, modificato per il tipo particolare d’impiego.
A chi conviene. Il principio di funzionamento delle auto ibride si basa – come detto – sul recupero d’energia in fase di rallentamento dell’auto: più si verifica questa fase, quindi, più il sistema è efficace in termini di riduzione di consumi ed emissioni. Va da sé, quindi, che le auto full hybrid sono più adatte per chi le utilizza soprattutto in città e sui percorsi misti, dove abbondano rallentamenti e accelerazioni, mentre non portano vantaggi particolari a chi viaggia a velocità costante, come accade prevalentemente in autostrada.
https://www.quattroruote.it/news/te...tema_recupero_energia_auto_elettrificate.html