E così c'è chi vuole una nuova Alfa segmento C, chi crossover, poi c'è chi afferma no, meglio lo stelvione sette posti e magari l'alfetta segmento E, dimenticavo la Giulia coupè.
Anche in materia automobilistica emerge il tipico spirito da mondiale di calcio, siamo tutti affetti da sindrome di Bearzot, ognuno con la sua formazione vincente, per carità niente di male.
Secondo me è già un miracolo, positivo senza dubbio, che siano sul mercato Giulia e Stelvio, e che, tutto sommato, piacciano e vendano dignitosamente, tenuto conto che, a parte gli appassionati, si è partiti da un indice di gradimento misurabile in qualche grado kelvin poco sopra lo zero assoluto.
Vero che parecchi concorrenti premium hanno in listino sette posti ma, tanto per dare l'idea, questi riempiono dieci pagine del listino di 4R con una gamma incredibile, sia di modelli che di versioni, frutto alla fine di un percorso industriale lungo decenni se non secolare, riassumibile nel detto che "Roma non fu fatta in un giorno".
Per me questo vale anche per Alfa Romeo, una gamma completa, di modelli con spiccata connotazione sportiva, non si può nè improvvisare nè industrializzare in poco tempo, troppo elevato il rischio di flop.
Nel mercato interno poi, di connotazione fortemente esterofila (soprattutto per le vetture premium), proporre un modello sbagliato avrebbe un effetto boomerang tremendo su tutta la produzione, rovinandone la reputazione faticosamente conquistata.
Sappiamo bene tutti che non si è disposti a perdonare un errore commesso da Alfa allo stesso modo di BMW o Audi, tanto per citare due concorrenti fortissimi.
Purtroppo la politica degli annunci del maglionceo, stile spallata cadorniana non è che la condivido tanto, mi fa ritornare in mente il Nerone impersonato dal grande comico Ettore Petrolini quando annunciava al popolo di fare Roma "più bella e più grande che pria".